I bambini prematuri

Grazie ai progressi della medicina oggi è possibile mantenere in vita neonati venuti al mondo sempre prima. Mentre alcuni di loro compiranno progressi sorprendenti, altri avranno problemi medici o lesioni cerebrali irreversibili.
Molti genitori descrivono vividamente lo stato di acuta vigilanza mentale ed emozionale in cui vissero i giorni successivi alla nascita del bambino; sperimentarono uno stato mentale in cui tutto il loro essere era concentrato sulla sopravvivenza del neonato, spesso in bilico fra la vita e la morte. Come in altre crisi della vita, in questi stati emozionali si trova in qualche modo l’energia quando serve. Tuttavia, quando la situazione esterna cambia, può essere difficile lasciarseli alle spalle e uscirne ed essi possono continuare a condizionare i genitori anche se non servono più.
Lo psicanalista William Bion scrive dell’importanza della “rêverie materna” per il benessere emozionale del bambino (Bion, 2009). Con questa espressione l’autore si riferisce alla capacità di chi si prende cura del neonato di fornirgli uno spazio mentale e affettivo riservato a lui. La capacità di creare uno spazio dentro la propria mente in cui assorbire l’impatto del bambino sul genitore fornisce una sorta di contenimento psicologico che accompagna e rispecchia il contenimento fisico che, secondo recenti scoperte, fa molto bene ai bambini prematuri; infatti, oggi sappiamo che i bambini prematuri tenuti stretti al petto della madre o del padre, secondo la cosiddetta pratica del “kangarooing”, ne traggono diversi benefici (Wahlberg, Alfonso e Persson, 1992).
Per noi è difficile sapere in che modo queste esperienze scioccanti per i genitori vengano vissute dai neonati stessi. Sappiamo che i neonati provano dolore e che per loro il dolore è stressante tanto quanto per i bambini e gli adulti.
“Una bambina piccola, che aveva subito un danno cerebrale durante il parto, continuava a ripetere la filastrocca di Humpty Dumpty. La madre alluse alla possibilità che in qualche modo fosse consapevole del suo grosso “capitombolo” e che esprimesse il timore, come il personaggio della filastrocca, di non poter mai più essere “rimessa insieme”. Naturalmente questa considerazione era molto dolorosa e facendola la madre rivelava un grande coraggio”.

Cosa sapere su tuo figlio - Pamela Bartram