Dal disturbo di linguaggio al disturbo specifico di apprendimento Il continuum tra Disturbo di Linguaggio e Disturbi Specifici di Apprendimento

I Disturbi della Comunicazione rappresentano i disturbi di sviluppo più frequenti tra i 2 e i 6 anni di età e come definizione, basandoci sul DSM V, possiamo affermare che rappresentano un insieme di quadri sindromici caratterizzati da difficoltà per qualità e gravità nella comprensione, nell’uso e nella produzione del linguaggio.
I Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) si manifestano come un deficit nelle capacità di lettura, di scrittura e di calcolo. Nella nuova edizione del DSM V(American Psychiatric Association, 2013) viene raccomandato di non utilizzare le singole etichette diagnostiche ma di servirsi della definizione più generale di «Disturbo Specifico di Apprendimento». Inoltre, nel DSM V è stato aggiunto, e considerato come DSA, il disturbo del linguaggio orale e sono state incluse, ritenendole forme del disturbo, anche le difficoltà nella comprensione del testo letto e nell'elaborazione del testo scritto.


I DSA sono altamente associati tra loro: spesso alle difficoltà di lettura si accompagnano anche problemi ortografici, di grafia e di calcolo. I DSA riguardano bambini con un'intelligenza nella norma, che non hanno problemi sensoriali (vista, udito) o neurologici e che hanno avuto adeguate possibilità di familiarizzare con la lingua scritta.


Allora viene spontaneo chiedersi e riflettere sulla correlazione tra i Disturbi di Linguaggio (DL) e i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA).
Evidenze cliniche dimostrano che il disturbo del linguaggio tende a permanere associandosi a difficoltà dell’apprendimento  scolastico e successivamente creando problemi sociali e di inserimento lavorativo. Esiste un forte legame tra disturbo di linguaggio e disturbo dell’apprendimento del codice scritto. Infatti i dati clinici  dicono che spesso nei bambini con DSA è presente un ritardo del linguaggio (Sechi,Camillo e Penge ,1991), in molti DL c’è un disturbo di apprendimento del codice scritto (Penge e Diomede, 1993), tra il 30 e l’80% dei DL tende ad essere persistente e il 50% a trasformarsi in altri disturbi neuropsicopatologici (Fabrizi e al, 2006).


Esiste una comorbidità tra i due disturbi che appare doppia di quella attesa in base alla frequenza dei disturbi isolati (Catts et al. 2005). Inoltre studi su famiglie a rischio per DSA (dislessia) hanno permesso di confermare la presenza di difficoltà linguistiche precoci tra i predittori della comparsa di un DSA. Analizzando famiglie dove almeno un genitore presentava DSA si è dimostrato un aumento della prevedibilità del DSA con l’aumentare dell’età dei bambini, ma anche che le competenze linguistiche erano il fattore predittivo più significativo e i parlatori tardivi presenti in una famiglia con DSA erano doppiamente suscettibili di presentare un DSA negli anni successivi.


Però non tutti i bambini con DL sviluppano un DSA e d’altronde ci sono bambini con DSA che nella loro storia non hanno avuto problemi di difficoltà linguistiche pregresse.
I dati dei lavori clinici evidenziano un legame tra i meccanismi cognitivi alla base del linguaggio orale e alla base del linguaggio scritto in un’ottica non casuale ma attraverso una comune compromissione delle competenze fonologiche, ma sottolineano il ruolo che le competenze linguistiche semantiche e sintattiche giocano nella genesi dell’abilità di lettura o di un suo deficit (Bishop e Snowling, 2004).


L’esperienza italiana che affronta i disturbi dello sviluppo con approccio clinico multidisciplinare riesce a cogliere le caratteristiche dei processi di continuità e comorbilità nel corso dello sviluppo. Differentemente dagli autori di lingua anglosassone nei  bambini italiani la compromissione fonologica sarebbe condivisa da tutti i soggetti con difficoltà di lettura indipendentemente dalla loro storia pregressa (Brizzolara et al., 2006)  e altri lavori nazionali confermano che i due disturbi, diversi sul piano del deficit di base, siano sovrapponibili a livello comportamentale (Scuccimarra et al., 2008) (Penge et al., 1999).

 

L’intervento operativo

Operativamente dovranno essere considerati a rischio tutti i bambini con DL e dovranno essere valutati anche dopo le prime fasi di acquisizione di abilità di decodifica.
I modelli di intervento riabilitativo proposti per i DSA sono basati su modelli esplicativi mono-fattoriali e propongono spesso interventi mirati al miglioramento dell’abilità deficitaria.


Il disturbo di apprendimento dei bambini con DL appare, per molti versi, sovrapponibile al DSA primitivo, ma se ne differenzia per la presenza di difficoltà linguistiche e metalinguistiche implicite, che vengono spesso confuse con difficoltà di tipo cognitivo e che in esse possono evolvere.


Particolare attenzione dovrà essere posta al passaggio tra l’età prescolare e quella scolare sui processi metalinguistici e metafonologici, e nel primo anno scolastico valutare bambini con DL con difficoltà anche lievi per individuare eventuali fattori di rischio legati al disturbo di lettura; in particolare, l’uso già stabilizzato di una modalità di lettura di tipo fonologico, in presenza di una compromissione a questo livello, rappresenta un elemento prognostico sfavorevole e  sarà necessario un intervento repentino.


Durante l’età scolare dovranno in continuazione essere valutati sia i disturbi dell’apprendimento che quelli linguistici ed individuare strumenti che permettano lo sviluppo di competenze sia cognitive che del pensiero astratto.


“I bambini che presentano ancora alterazioni fonologiche dopo i 4 anni di età hanno l’80% di possibilità di sviluppare un Disturbo Specifico di Apprendimento”
(Bishop 1992, Stella 2004)