A sei anni quasi tutti i bambini desiderano trasformare i loro comportamenti passionali e mutevoli in atteggiamenti più ordinati che portano a ottenere migliori risultati. Ciò nel complesso è gratificante per tutte le persone coinvolte. La scuola, con la sua enfasi sulla costanza e su routine prevedibili, è il luogo ideale per dimostrare le proprie competenze crescenti. C’è ancora molto bisogno del sostegno dei genitori, anche se i bambini possono non rivelarlo in modo evidente come in passato. Al contrario, a volte il genere di messaggio non verbale che i bambini danno ai loro genitori all’inizio della loro giornata può essere: “Ti voglio bene, ma ora vattene”. Tale disinvoltura prova il conseguimento di un certo grado di stabilità; ma come ci si è arrivati?
Il coinvolgimento e l’impegno nel mondo si basa sulle esperienze precedenti del bambino nel rapporto con la principale figura di accudimento, che in genere è la madre. Lentamente il mondo del bambino si espande, venendo a comprendere il padre, i fratelle e altri familiari stretti. L’idea di sé che si va formando nel bambino all’età dei primo passi si basa sull’esperienza ripetuta di risposte sensibili e di comprensione da parte delle figure di accudimento. In altre parole, lo sviluppo avviene nel contesto di relazione. Se tutto procede abbastanza bene, il bambino si interessa sempre di più alle persone che ha intorno e al rapporto con loro. A tre o quattro anni può essere capace di giocare insieme ad altri bambini, ma lo farà in modo piuttosto egocentrico e non ci sarà molto spazio per la negoziazione. Il passaggio alla scuola richiede la mobilitazione di tutte le risorse personali per riuscire a gestire le richieste della giornata scolastica all’interno di una classe di una trentina di alunni.
Il bambino dovrà aver imparato a tenere adeguatamente in considerazione le esigenze e i sentimenti delle altre persone e ci si augura che abbia avuto delle opportunità educative in questo senso nell’ambito della famiglia, dell’asilo nido o degli incontri con gli altri bambini mediati da adulti. La normale competitività alimenta la spinta a riuscire, mentre la capacità di apprendere dai genitori avrà preparato i bambini alla necessità di prestare attenzione all’insegnante. Nonostante tutta questa preparazione, e anche in presenza in un’apparente sicurezza, ogni genitore sa che un bambino di sei anni è ancora vulnerabile e dipendente. Dopo tutto, crescere vuol dire anche imparare ad affrontare i momenti difficili attaccandosi al ricordo delle esperienze positive. Magari i genitori non la vedono sempre in questo modo, ma quando portano a scuola i figli, trasferiscono la notevole responsabilità del loro benessere a un adulto relativamente sconosciuto, l’insegnate, cosa non facile da fare.
Cosa sapere su tuo figlio - Corinne Aves